La storia delle Miniere del Fursil
Ultima modifica 15 novembre 2023
Nel XII secolo il territorio del maso di Colle Santa Lucia, alle falde del Monte Pore, era denominato "Puchberg" e anche Wersil (poi Fursil). Entro questa zona venne scoperta una "vena" di minerale ferroso, siderite manganesifera, che ben presto rese il territorio del Fursil assai importante e appetibile. Infatti l'imperatore Federico I Barbarossa con il decreto del 5 settembre 1177, (il più antico documento relativo a questa area) riconobbe le Miniere del Fursil di proprietà del Convento di Novacella, che a sua volta le cedette al Vescovo di Bressanone. A causa dell'ingente valore del minerale estratto (ferro acciaioso ottimo per la produzione di armi) e la posizione di confine delle miniere, tra i tenitori del Vescovo di Bressanone e quelli della Repubblica di Venezia, subentrarono ben presto molte accanite lotte per il loro possesso.
Nel 1337 vennero date in uso ai signori locali Guadagnino Avoscano e Rizzardo da Camino che cominciarono ad impiegare manodopera veneta e cadorina.
Per regolarne l'assunzione nel 1369 intervenne Corrado Stuck capitano del Castello di Andraz, stabilendo l'impegno dei soli minatori (canòpi) Veneti e vescovili, graditi alle due parti. Le contese proseguirono per il possesso delle "vene" e per lo sfruttamento degli ormai scarsi boschi, necessari per la fusione del ferro, sia tra brissinesi e veneti tanto da portare i cadorini nel 1479 ad incendiare Pian di Colle. Anche tra il Vescovo di Bressanone e il convento di Novacella vi furono controversie tanto che nel 1490 dovette intervenire Papa Innocenzo III per riconfermare tutti i privilegi al Convento di Novacella.
Il massimo rendimento si ebbe intorno alla metà del 1600 quando vennero aperte quattro gallerie di cui una lunga un chilomento e si potevano estrarre fino a 10.000 secchi di minerale, tanto da permettere il funzionamento contemporaneo di ben nove forni fusori, otto Veneti, distribuiti nelle valli di Agordo e Zoldo, ed uno vescovile.
Quest'ultimo era situato presso il Castello di Andraz, fu poi spostato, per la scarsità di legname, nel 1558 a Valparola e quindi a Piccolino in Val Badia.
Per garantirne la provenienza e la qualità, il ferro veniva marchiato con l'agnello, simbolo vescovile di Bressanone. Dal prezioso minerale il Vescovo ne ricavò cospiscue entrate, non molto però andò a beneficio del paese di Colle.
Un accordo con i vescovili consentì di lavorare le miniere fino alla loro chiusura, verso il 1753. Nel 1837 un'impresa agordina le riaprì per breve tempo. Un tentativo più consistente di slittamento lo effettuò la Breda con la miniera detta "Valle dell'Agnello" nel periodo autarchico 1938-1943. La definitiva chiusura si ebbe nel 1945.
Di tale secolare importanza, oggi rimangono precisi segni storici sul territorio: il Castello di Andraz, nel pressi del Passo Falzarego e a Colle Santa Lucia la Casa Chizzali Bonfadini detta anche Cesa de Jan, monumenti terminali della "Strada da la Vena", l'antica via del ferro che univa i luoghi della coltivazione delle "vene" a Colle Santa Lucia a quello della fusione del minerale presso il Castello di Andraz.